Progetta un sito come questo con WordPress.com
Comincia

Jugendliteratur brisant #36: Sandra Luigia Rebecchi, Solo un compasso

Jugendliteratur brisant #36: Sandra Luigia Rebecchi, Solo un compasso, Nulla Die 2023

L’idea dalla quale prendono avvio le vicende narrate ha dei precedenti famosi e autorevoli, non ultimo il racconto di Heinrich Böll, premio Nobel per la letteratura nel 1972, Il destino di una tazza senza manico. Si tratta del dispositivo secondo il quale l’io narrante è un oggetto.
Nel caso del romanzo di Sandra Rebecchi, Solo un compasso, il punto di vista principale è proprio quello di un compasso, che osserva e racconta le storie delle persone che lo hanno acquistato o che lo hanno avuto in dono.
Nel corso delle vicende narrate, saranno altri oggetti a venire in contatto con il compasso e a dare voce, di volta in volta, alle loro impressioni: una affascinante e ‘misteriosa’ foto di ragazza custodita nell’astuccio del compasso; due copricapo militari provenienti da un CAR (centro addestramento reclute), prima parte di un servizio di leva che da giovane frequentò il nonno di Giulia, la commessa del negozio di antiquariato, la prima ‘sede’ del compasso all’inizio del romanzo; lo zaino, inseparabile compagno di viaggio di Tonino; signorili tazzine da caffè, di un servizio oramai incompleto; due maschere di cartapesta raffiguranti due opposti e complementari stati d’animo umani, la tristezza e l’allegria; bottoni di diverse fogge e colori; un alambicco con un liquido rosso che arriva a ebollizione con il calore delle mani; un orologio; una giraffa patchwork di cartapesta; animaletti di cristallo; un appartamento; una lavastoviglie; un ciondolo d’argento con un compasso; un divano; un borsellino di rete d’argento.
La narrazione è scorrevole e coinvolgente; i capitoli, che prendono il nome degli umani che, di storia in storia, sono al centro delle vicende, disegnano, in particolare, il romanzo di formazione di Tonino, dai suoi dieci anni ai suoi ventitré anni di età. Di Tonino, attraverso il compasso e altri oggetti, chi legge viene a conoscere paure, desideri, traumi (in primis quello legato a una figura paterna aggressiva e alle prese con le proprie contraddizioni e le proprie frustrazioni, sostanzialmente incapace di empatia e con una violenza verbale aspra e pesante), crisi di passaggio da un’età a un’altra, il percorso di esplorazione del proprio sé: i sentimenti, le inclinazioni, le aspirazioni, l’amore, le prospettive e le visioni del futuro.
Verosimile e convincente è la caratterizzazione dei personaggi giovani, in particolare di Tonino, Chiara e Dario, mentre le figure dei nonni materni di Tonino appaiono con poche ombre, decisamente trasfigurate.
Delicato e sensibile è il tocco conferito alla scrittura dalle vicende ‘laterali’, come quella di Angela e Ciro. Anche in questo caso, tuttavia, sono gli oggetti, degli umani testimoni attenti e silenziosi, per gli umani ben altro e sicuramente ben più che feticci, contenitori e utensili, a intrecciare i fili tra le storie, con i loro racconti reciproci, i loro ricordi, la carica affettiva che recano con sé e con la loro straordinaria capacità di ascolto.

 

Anna Maria Curci

Sono un compasso. Niente di più.
Sono un compasso antico con l’impugnatura di avorio e una custodia di legno rivestita di velluto blu e piena di scomparti per i miei accessori. Vista la mia non più tenera età, abito in un negozio di antiquariato. Sono in questa bacheca che affaccia sulla vetrina da parecchio tempo. Me ne sto qui in attesa che qualche appassionato mi scelga, chieda il prezzo alla commessa Giulia, tratti un po’, riceva lo sconto già prestabilito dalla proprietaria del negozio. Giulia farà un bel pacchetto. È un tipo preciso lei. E il tizio mi porterà via in una busta, chissà per quale destinazione; starà attento a non sbatacchiare il pacchetto, certo: lo sa che sono fragile e che perderei di valore se mi ammaccassi.
Dopotutto se qualcuno si interessa a me, la cosa mi fa piacere. Sai quanta gente che sgombera case mi avrebbe già buttato nel secchio dell’indifferenziata? Non sanno cosa gettano via, non riescono a pensare che tutti gli oggetti custodiscono segreti, che in loro c’è qualcosa che non si vede, qualcosa di nascosto, a volte di prezioso. E io lo so bene!
Aspetto qui, intanto, insieme a una marea di oggetti più o meno fragili, ognuno con il cartoncino del prezzo vicino, con la nostra routine. A proposito: dovrebbe arrivare Giulia col suo piumino e spolverarci con delicatezza. Giulia è brava e attenta e quel piumino leggero mi accarezza. Sento il riguardo e l’attenzione che la ragazza ci dedica. (pp. 7-8)

 

 

 

 

 

 

 

Pubblicità

Tempo per leggere #35: Matt de la Peña, Milo immagina il mondo

Tempo per leggere # 35, Milo immagina il mondo, testo di Matt de la Peña, illustrazioni di Christian Robinson, traduzione di Giovanni Nosei, Adriano Salani editore, 2022.

Milo immagina il mondo, di Matt de la Peña e Christian Robinson è un albo dalle immagini coloratissime e, passatemi il termine, loquaci; uno di quegli albi che, percorsi e ripercorsi nei legami che parole e immagini intrecciano tra loro, lasciano al lettore il gusto di rinnovare la scoperta arricchendola di ulteriori indizi e particolari mano a mano che prende confidenza con il mondo che viene a crearsi nelle coordinate di parole, immagini, immaginario, conoscenze e attese.
La tavola con cui si apre la storia ci invita a viaggiare con il piccolo Milo: con un espediente geniale l’illustratore, Christian Robinson, ci fa scendere con il bambino a una fermata della metro chiamata con il titolo dell’albo. Nel frattempo non possiamo fare a meno di cogliere la vita e i segni della città: persone che si affrettano, vari tipi di poster sui muri, annunci e fatti di cronaca nelle pagine dei giornali. La metro arriva, annunciata dallo spostamento dell’aria fredda che la precede. Milo, berretto verde di lana in testa e occhiali sul naso è con sua sorella, una ragazzina dalle treccine afro, che, appena si siede, inizia a trafficare col suo telefonino. Il testo mette in evidenza che l’esperienza dei due bambini è a un tempo nuova e consueta:

Ogni mese i viaggi della domenica in metropolitana non finiscono mai e, come al solito, Milo è agitato come una bibita gasata.
È eccitato e preoccupato, e poi confuso, spaesato, ma sa che la sorgente di tutto quello che prova è l’amore.
Per evitare di esplodere, studia
i volti intorno a lui e cerca di immaginare le loro vite.

L’estratto riproduce la disposizione del testo, anch’essa, infatti, contribuisce a creare un legame tra il lettore e il mondo visto e immaginato da Milo. Si tratta di un mondo variegato, persone di vario tipo e colore della pelle, ognuna delle quali rivela un atteggiamento particolare e una diversa disponibilità verso il prossimo, una diversa consapevolezza di sé. Il bambino osserva i loro volti e, prese le sue matite colorate, disegna la vita che li aspetta fuori dal vagone. La fantasia gli suggerisce ambienti, personaggi e vicende, ogni storia è vivida, ricca di particolari quotidiani e di momenti inconsueti vissuti con felicità e pienezza. Nessuno è solo. Per l’uomo che chiude di scatto il cruciverba su cui era concentrato prima di uscire dal vagone, Milo inventa una compagnia di gatti e di topi scavatori per non dire dei pappagallini che «cinguettano canzoni nostalgiche mentre l’uomo sorseggia una zuppa tiepida, curvo su una partita a solitario». C’è anche una donna in abito da sposa col volto splendente di luce, dalla sua tracolla spunta fuori un cagnolino tutto lingua. Appena esce dal vagone, ad una fermata nel centro della città, un gruppo di artisti di strada intona una marcia nuziale e tutti applaudono. Chi andrà a sposare? si chiede Milo e immagina una cerimonia in una grande cattedrale, poi romantici voli in mongolfiera nell’azzurro infinito. Milo mostra il suo coloratissimo disegno a sua sorella, ma lei è presa dal gioco che sta facendo sul telefonino. Milo guarda i pollici della sorella che si muovono velocemente sullo schermo sporco, poi torna a guardare il bambino seduto di fronte al lui.
Milo lo ha notato subito quando è salito con il suo papà. È ben vestito e le sue sneakers sono immacolate, i capelli biondi sono pettinati con la riga. Milo immagina per lui una carrozza, un ponte levatoio e uno chef gourmet che lo accoglie con prelibatezze all’entrata del suo castello. Nel frattempo salgono delle ballerine di break dance e annunciano le loro acrobazie. Terminato lo spettacolo, passano a raccogliere qualche dollaro tra i passeggeri e corrono alla carrozza successiva. Milo immagina che gli occhi della gente continuino a seguirle anche quando lo spettacolo è finito, le disegna passeggiare in un quartiere alla moda. Ma, chissà perché, a Milo queste illustrazioni non piacciono. Certo, il lettore non trova una risposta esplicita nelle pagine dell’albo, ma può azzardare una sua interpretazione, anche più di una, tenendo presente l’intera vicenda che vi si svolge. La vicenda e le storie che Milo disegna tessono la trama dell’interpretazione dalla quale emerge poi la narrazione che ogni lettore costruisce e ricostruisce scoprendo e riscoprendo particolari e indizi per nuove letture e nuove immersioni nella storia.
Milo ora rivolge la sua attenzione al suo volto che vede riflesso nei vetri del vagone e si chiede se è visibile agli altri, se gli altri vedono la sua vita, la sua storia, se lo vedono recitare una poesia, ascoltare la voce amorevole della mamma che gli legge al telefono la storia della buonanotte, gustare il delizioso stufato alla messicana della zia. La domanda riguarda la visibilità di ognuno di noi, soprattutto di chi, come Milo, vive al margine della società, la dignità e la centralità di ogni racconto e storia di vita. Ma è arrivato il momento di scendere dal treno. Quale sorpresa vedere davanti a lui il bambino ben vestito e poi trovarlo ad attraversare i tornelli e passare al controllo del metal detector nella stessa fila che fa insieme alla sorella e a tanta altra gente! Ci congediamo da Milo mentre lo attende l’incontro più intimo e tenero, mentre immagina nuovi destini e libere scelte, una storia non semplice in cui l’amore si sperimenta attraverso l’accoglienza della vicenda umana, una e universale.

Cristina Polli

 

Matthew de la Peña è uno scrittore americano di libri per bambini ed è specializzato in romanzi per giovani adulti. Nel 2016, primo autore ispanico, vince la prestigiosa Medaglia Newbery per l’albo Last stop on Market street.
https://en.wikipedia.org/wiki/Matt_de_la_Pe%C3%B1a

Christian Robinson è un illustratore americano di libri per bambini e animatore. Vive a Sacramento, in California, e ha lavorato con The Sesame Street Workshop e Pixar Animation Studios. Si è laureato al California Institute of the Arts. Ha illustrato l’albo Last stop on Market street e Milo immagina il mondo.
https://en.wikipedia.org/wiki/Christian_Robinson

 

Jugendliteratur brisant #35: Andreas Steinhöfel, Il centro del mondo

Jugendliteratur brisant #35: Andreas Steinhöfel, Il centro del mondo. Traduzione dal tedesco di Angela Ricci, La Nuova Frontiera 2022

 

Apparso in traduzione italiana a ventiquattro anni di distanza dalla pubblicazione dell’originale (Die Mitte der Welt, Carlsen Verlag, Amburgo 1998), Il centro del mondo dell’autore tedesco Andreas Steinhöfel (suoi sono i romanzi per ragazzi della serie Oscar & Rico) è ambientato in Gran Bretagna, nella cittadina abitata dalla «Piccola Gente», persone di mentalità meschina e inclini a proiettare sugli altri le proprie miserie.
Una costruzione spicca nella cittadina, anche se si trova un po’ fuori dall’abitato: è quella vasta e bizzarra di Visible, la casa verso la quale è diretta, nel prologo che narra l’antefatto, Glass, all’epoca diciassettenne, incinta al nono mese di gravidanza, che lascia gli Stati Uniti per raggiungere la sorella Stella, proprietaria, appunto, di Visible.
Nella notte in cui arriva, Glass partorisce due gemelli, Dianne e Phil. È aiutata nelle circostanze drammatiche del parto da Tereza, che diventerà sua amica e che le reca la notizia che Stella è morta.
Diciassette anni dopo, è dalla prospettiva di Phil che vengono narrate le vicende.
Se quello di Phil è un itinerario di formazione, anche doloroso, oltre che affascinante, come lo è sempre l’amore, si può affermare che il percorso di formazione tocca almeno altri due personaggi del libro, Glass, la madre che cambia partner con rapidità fuori dal comune e Dianne, che sembra dotata di poteri sovrannaturali, ma soprattutto della capacità di comunicare con più regni della natura. Per questa, prima in ordine cronologico tra le opere di Steinhöfel dedicate a un pubblico di giovani adulti, o anche semplicemente di adulti, si può parlare di un vero e proprio romanzo di formazione, nel quale, come spesso accade con la scrittura dell’autore tedesco, gli outsider, i diversi, gli emarginati, i discriminati sono al centro delle vicende con le loro molteplici ricerche, ciascuna delle quali giunge come una “quête” medievale, dal sapore di impegno completo. Phil è alla ricerca del padre, alla ricerca delle ragioni per i comportamenti bizzarri, stravaganti, talvolta perfino inquietanti, della madre da un lato e della sorella gemella dall’altro, alla ricerca della propria sessualità. Sono ricerche che si affiancano alla “quête” per eccellenza, vale a dire quella relativa al senso del mondo e dell’esistenza umana, individuo per individuo, nel mondo.
Le oltre quattrocento pagine del libro declinano in maniera avvincente, talvolta anche umoristica, le tappe di tali ricerche da parte di Phil e gli incontri di queste con le ricerche altrui. Ogni personaggio è a suo modo alla ricerca del “centro del mondo”. Oltre a quelli menzionati, ce ne sono molti di spicco: Pascal, la compagna di Tereza, poi, Kat, la migliore amica di Phil e figlia del preside, Nicholas ovvero “il Maratoneta”, il primo grande amore di Phil, Gable, lo zio di Dianne e Phil.
Andreas Steinhöfel tratteggia episodi e personaggi con uno sguardo attento, sia al contesto, sia all’introspezione, sì che il pericolo della superficialità è sempre scongiurato; è analogamente scongiurato il pericolo di una eccessiva idealizzazione di una o più figure. I toni con i quali l’autore affronta vicende, paesaggi e personaggi, abbracciano varietà diverse: oltre a quelle del versante umoristico, al quale si è già accennato, dialogano tra di loro le voci del mistero, dell’inquietudine, le voci della narrativa (per Phil, la biblioteca è “il centro del mondo”) e, non di rado, quelle della fiaba e della poesia. La traduzione di Angela Ricci rende con efficacia variazioni e timbri in questa gamma ampia e consegna a chi legge, a diverse età, da quella adolescenziale a quella matura e avanzata, una pregevole avventura, un invito a esplorare il mondo interiore degli altri e, insieme, a (ri)scoprire il proprio.

Anna Maria Curci

 

Presto cominciai a tornare a Visible carico di libri e spostai la vecchia poltrona al centro della biblioteca. Quando sedevo lì diventavo un creatore di mondi, un re al centro di una tempesta di storie che turbinavano intorno a me mentre leggevo, prendendo vita. Le librerie si spaccavano in un tripudio di schegge sotto i potenti fendenti della spada di Re Artù e i suoi cavalieri della Tavola Rotonda; dal parquet sbucava tuonando Moby Dick, la balena bianca, circondata da alte onde scure; i minuscoli abitanti della terra di Lilliput mi lanciavano addosso i loro uncini grandi come spilli; e a bordo del Nautilus esploravo insieme al capitano Nemo le profondità di un mondo gelido e terrificante che si trovava a ventimila leghe sotto i mari.
Certe volte la fuga era facile, riuscivo a estraniarmi dalla realtà per giorni, a volte per settimane. Le avventure in cui mi trascinavano i libri presi in prestito erano variopinte e diverse l’una dall’altra come i racconti delle Mille e una notte, ma avevano tutte lo stesso effetto: mi circondavano di un manto protettivo che mi nascondeva dalla Piccola Gente, dal mondo là fuori. Per questo amavo la biblioteca. Per me era il centro del mondo.
(pp. 132-133)

 

 

Credo che la maggior parte della Piccola Gente mi incutesse timore perché mi sembrava irreale, impalpabile come le figure bidimensionali di un film in bianco e nero. Avevano tutti la stessa trasparenza che più tardi avrei visto per esempio nella signora Hebeler, assomigliavano a gusci vuoti dietro ai quali si intravedeva la vita, che però non riusciva mai a prendere possesso di loro. Da bambino gli abitanti del paese mi sembravano bizzarramente anemici e dello stesso pallore malsano che avevo visto sul volto delle mascelle cucite del defunto padre di Tereza. Ovviamente c’erano delle eccezioni. Una era Annie Glösser, ma molto prima di lei – due anni, per la precisione – c’era stato il signor Tröht.
(p. 284)

 

 

Andreas Steinhöfel, nato nel 1962 a Battenberg, traduttore, sceneggiatore, recensore su testate nazionali tedesche come la Frankfurter Allgemeine Zeitung, è autore di molti libri per i quali ha ottenuto riconoscimenti prestigiosi. Più volte nominato all’Astrid Lindgren Memorial Award e all’Hans Christian Andersen Prize, è il primo autore di volumi per l’infanzia e per giovani adolescenti a essere diventato membro dell’Accademia tedesca per la lingua e per la poesia. Dal romanzo Die Mitte der Welt (Il centro del mondo) è stato tratto il film omonimo del 2016, anche conosciuto come Center of My World, diretto dal regista Jakob M. Erwa e con l’attore Louis Hofmann (poi divenuto famoso per la sua interpretazione nella serie televisiva Dark) nel ruolo di Phil.

Tempo per leggere #34: Roald Dahl, La fabbrica di cioccolato

Tempo per leggere #34: La fabbrica di cioccolato, testo di Roald Dahl, illustrazioni di Quentin Blake, traduzione di Riccardo Duranti, Salani, undicesima ristampa, settembre 2022.

Charlie Bucket, un bambino povero di famiglia operaia, ha due desideri: mangiare più spesso la cioccolata che gli viene regalata a prezzo di enormi privazioni dai suoi cari il giorno del suo compleanno e visitare la fabbrica di cioccolato davanti alla quale passa tutti i giorni per andare a scuola. Nonno Joe gli racconta che questioni di spionaggio industriale, i ripetuti furti delle sue mirabolanti invenzioni, portarono il signor Wonka, proprietario della fabbrica, a licenziare tutti gli operai e a rendere la fabbrica inaccessibile.
Grazie a un concorso indetto dallo stesso Willy Wonka, nel cuore di Charlie si fa strada una debole e fioca speranza di poter entrare nella fabbrica. Cinque biglietti d’oro nascosti in confezioni di cioccolata Wonka, venduta in tutto il mondo, consentiranno ai piccoli, fortunati possessori l’accesso a questo mondo misterioso. Al contrario degli altri ricchi e fortunati vincitori, le probabilità di Charlie sono decisamente scarse, ma le lettrici e i lettori di fiabe sanno che arriverà l’occasione: un gelido giorno di febbraio, chino sulla neve tra i passanti troppo indaffarati e indifferenti, Charlie scorge una moneta d’argento.
Inizia l’avventura nel mondo di delizie dell’eccentrico e geniale Willy Wonka. Gli altri vincitori sono bambini viziati e senza regole accompagnati da genitori oltremodo accondiscendenti, mentre Charlie, che si presenta ai cancelli con Nonno Joe, è una presenza trascurabile. Le vicende procedono in un’estasi del gusto e di ogni altra percezione che delizia i sensi e rende irresistibili le tentazioni di cui è costellato il tortuoso percorso che Willy Wonka propone ai suoi ospiti.  Il piccolo e timido Charlie non si fa avanti, sta sempre attaccato al nonno, condivide con lui entusiasmi e timori, gli chiede conforto e osserva tutto con stato d’animo partecipe.
Le vicende hanno esiti surreali e comicamente disastrosi: chi, preda di vizi e abitudini dannose, cede alle tentazioni, viene indicato come esempio da non seguire nelle sarcastiche canzoncine che gli Umpa-Lumpa cantano a mo’ di insegnamento e monito. Questi strani esserini provenienti dalla giungla svolgono tutte le mansioni che realizzano le iperboliche invenzioni del mago del cioccolato. Anch’essi sono stati sedotti dalla promessa di avere a disposizione l’agognato cacao e hanno acconsentito volentieri ad abbandonare il luogo d’origine, la giungla nella quale erano costretti a rifugiarsi sugli alberi per sfuggire a sfarabocchi, policorni e sarcopendonti e a cibarsi di vermi disgustosi per sopravvivere (p. 93).

«E così fu che feci trasferire qui tutta la tribù degli Umpa-Lumpa, uomini, donne e bambini. Fu semplicissimo. Li fece entrare in paese clandestinamente, chiusi in casse di legno su cui erano stati praticati gli opportuni fori, e sono arrivati tutti sani e salvi. Sono operai straordinari. Ormai parlano tutti la nostra lingua. Gli piace un sacco cantare e ballare. Non fanno altro che inventare canzoni. Scommetto che sentirete un bel po’ delle loro canzoncine di tanto in tanto nel corso della nostra visita. Però vi devo avvertire che hanno un carattere estremamente scherzoso. Vanno matti per le burle. Vestono ancora come quando vivevano nella giungla. [… ]»

L’orgogliosa rivelazione di Willy Wonka è la prima spia evidente delle ambiguità che percorrono la storia: chi legge è sollecitato a interpretare e chi è avvezzo a essere attivo nella lettura non può farlo senza una leggera sensazione di inquietudine e senza il ricorso al dubbio. Altre tracce dell’ambiguità disseminata nel testo sono, oltre alle canzoncine degli Umpa-Lumpa,  che in tono spiccatamente ironico e sarcastico non risparmiano biasimo e ammonimenti, i modi in cui l’artefice di questo mondo fantastico stabilisce la comunicazione con gli ospiti. Prendiamo come esempio il viaggio a tutta velocità che la barca fatta di caramella rosa intraprende sul fiume di cioccolata fino a imboccare un tunnel nero come la pece.  A Violetta Beauregarde che chiede strillando come facciano gli Umpa-Lumpa a sapere dove vanno, Willy Wonka risponde ridendo che non lo sanno affatto (p. 109):

«Non c’è modo per quest’anno
di sapere dove andranno!
Mica sanno dove vanno
o se mai ci arriveranno!
Così buio è dove stanno,
può succeder qualche danno,
ma pensier non se ne danno
e più forte remeranno.
Se paura lor non hanno
chissà se si fermeranno… »

Il mondo letterario in cui si muovono bambini e adulti in questo libro è in uno fiaba e romanzo di formazione, mondi non distanti, contigui e conseguenti i cui sconfinamenti creano molteplici livelli di lettura e possibilità interpretative. Percorsi tortuosi e discese a perdifiato, repentini cambi di direzione rendono tangibile l’impossibilità di un pieno possesso delle conoscenze: le decisioni di Willy Wonka sono imperscrutabili e solo le sue dichiarazioni le rendono note. E se il mago del cioccolato è in uno demiurgo e tentatore e agisce a fin di bene, noi, lettrici e lettori che diamo valore alla lettura e al tempo che le dedichiamo, non possiamo sfuggire dal chiederci se La fabbrica di cioccolata non sia metafora di un potere che seduce e assoggetta.

Cristina Polli

Qui per le note biografiche relative a Roald Dahl e a Quentin Blake.

 

Jugendliteratur brisant #34: Melinda Nadj Abonji, Come l’aria

Jugendliteraturbrisant #34: Melinda Nadj Abonji, Come l’aria. Traduzione di Roberta Gado, Voland 2012

Come l’aria è un romanzo che apre la strada a un viaggio, di persistente (e troppo spesso ignorata) attualità tra i Balcani e l’Europa occidentale. È con la voce di Ildikó che viene narrata la storia, tra la Vojvodina, la regione della Serbia nella quale vive la comunità ungherese, e la Svizzera, paese nel quale la sua famiglia si è trasferita.
La Vojvodina è la terra d’origine della famiglia Kocsis – padre, madre e due figlie, Ildikó e Nomi, di due anni più giovane di Ildi. La famiglia del padre di Ildi e Nomi, Miklós, è minoranza in una minoranza, giacché Papuci, il padre di Miklós, il nonno che le due nipoti non hanno mai conosciuto, ha vissuto la prigione, la brutalità del campo di lavoro, l’esproprio delle terre e la morte a soli cinquantuno anni per le conseguenze degli anni trascorsi come internato. La condanna che gli ha inflitto il regime di Tito lo ha marchiato come “nemico del popolo”, come “controrivoluzionario”, per di più appartenente da un’etnia diversa da quella serba.
L’altra realtà è quella della Svizzera, nella quale si trasferiscono prima i genitori di Ildi, poi le due figlie, che nei primi anni di emigrazione dei genitori erano rimaste nella Vojvodina con l’amata nonna paterna, Mamika.
Minoranza nella minoranza nella terra natia, minoranza guardata con ipocrita condiscendenza, con diffidenza o con aperta ostilità, nella Svizzera di lingua tedesca, con realtà linguistiche diverse, tra il tedesco (Hochdeutsch) della scuola e il “tedesco svizzero” (Schwyzerdütsch) della comunicazione quotidiana, anche sul lavoro, anche al caffè Mondial, che i genitori hanno rilevato e che gestiscono alacremente, con impegno e voglia di riscatto, nella ricca località svizzera dove vivono e lavorano e dove, proprio dal momento in cui diventano proprietari di un locale, sono bersaglio di alcuni episodi inquietanti di xenofobia. Sia Ildi e Nomi, sia i loro genitori, sperimentano inoltre l’arrogante ignoranza, trasversale a tutte le età, con cui vengono etichettati, e liquidati con una sequela di pregiudizi, tutti i “popoli balcanici”, dei quali sostanzialmente non si conosce la storia e si disconoscono le varie realtà, le varie storie.
La guerra che scoppia nella Jugoslavia all’inizio degli anni Novanta del secolo scorso porta aspri conflitti anche tra le collaboratrici al caffè Mondial, in particolare tra Glorija, croata, che serve ai tavoli e, Dragana, bosniaca, che aiuta in cucina. L’empatia con la quale Ildi, l’io narrante, osserva e vive questi episodi si aggiunge, dolorosamente, ad altri eventi traumatici per la famiglia Kocsis: il cugino Bela, appartenente alla minoranza ungherese, ma cittadino serbo, è richiamato in guerra. Che ne sarà di lui? Che ne sarà dei suoi piccioni, che lui ha sempre allevato con tanta cura? Voleranno via, come suggerisce il titolo originale del romanzo, Tauben fliegen auf, letteralmente: “I piccioni prendono il volo”?Continua a leggere “Jugendliteratur brisant #34: Melinda Nadj Abonji, Come l’aria”

“Tempo per leggere”: i libri recensiti nella terza stagione (2021-2022)

Acquerelli di Luigi Simonetta

“Tempo per leggere”: i libri recensiti nella terza stagione (2021-2022)

Corinna Luyken, Il libro degli errori. Corinna Luyken – l’abbiamo conosciuta con l’albo Il mio cuore – è anche qui autrice e illustratrice, ma soprattutto io narrante che affabula il lettore con i tratti delle sue matite mostrandosi come io narrato, mano protagonista delle incaute sbavature d’inchiostro che prendono possesso dei suoi intenti di illustratrice chiedendole una continua riformulazione della storia immaginata, una costante revisione del progetto e del processo di creazione. Già il risguardo di apertura rivela l’impronta della storia. Le macchie d’inchiostro parlano dell’incidente, del caso, dello sbaglio fortuito, della distrazione; sono un richiamo all’umana imperfezione in un mondo che ci sollecita di continuo a rispondere a uno standard sempre più alto di richieste, esigenze, sollecitazioni, a controllare tutto, a gettar via ciò che non è adeguato, non risponde alle richieste imperanti.

Daniela Iride Murgia, L’attesa.  È un albo scritto e illustrato da Daniela Iride Murgia, pubblicato nel 2015. La copertina cartonata si presenta con un accentuato aspetto vintage nei colori opachi dell’alfabetiere appeso alla parete e nelle sue illustrazioni dolci e fiabesche. Davanti alla parete un bambino dalle guance di velluto, armato di arco e piumino, inventa imprese temerarie stando a cavalcioni del suo cane a dondolo

Daniil Charms, La corsa degli animali. Con la lettura dell’albo illustrato La corsa degli animali invitiamo i lettori, piccoli e grandi, a fare un salto nel nonsense. Non è difficile del resto prevederlo quando l’autore è lo scrittore russo Daniil Charms, nato a San Pietroburgo nel 1905 e morto, forse di fame, nel 1942 durante l’assedio di Leningrado. La corsa degli animali ha il pregio di offrire ai piccoli lettori  un ingresso giocoso e leggero al fenomeno delle avanguardie letterarie, cioè, per dirla in breve, quei movimenti intellettuali e culturali che sganciano la letteratura dal suo rapporto di modello e imitazione del mondo per dare consistenza alla lingua e al segno come sistemi a sé stanti e fanno altrettanto con i procedimenti letterari: rompono gli schemi narrativi e ciò accade nel nostro albo.

Giovanna Zoboli, Joanna Concejo, L’angelo delle scarpe. Chi è l’uomo dall’apparenza malconcia che brilla sul balcone di Simone? L’ossimoro dell’angelo avanti negli anni, figura di luce stanca e triste di solitudine e d’abbandono, è lo specchio della condizione del piccolo Simone. Il bambino vive in una condizione di isolamento soprattutto interiore a causa del padre, il “re delle scarpe” che non si fa scrupolo a creare condizioni di mercato vantaggiose per la sua produzione. È costantemente impegnato nel suo lavoro, un esempio per quelli che lo conoscono e che hanno a che fare con lui. Pensa  all’azienda e agli operai. Un uomo con un pensiero unico, monolitico, che considera la divergenza non solo una deviazione, ma un vero e proprio pericolo per la stabilità del suo mondo, un possibile attacco agli steccati con cui l’ha recintato.

Elisabetta Gnone, Jum fatto di buio. Le storie di Olga di carta. Olga è sottile come un foglio, indipendente, gentile, libera e dotata di straordinaria empatia. Vive al di là del fiume con la nonna Almida e il fedelissimo cane, Valdo. Vende le uova agli abitanti di Balicò, ma è attesa per le storie che sa raccontare così bene, così bene che non possono che essere vere. E in un certo senso lo sono,  perché ritraggono verità che appartengono a tutti, stati d’animo che intrappolano e fanno disperare e ai quali lei offre delicatamente un appiglio, una piccola luce, un sorriso che consenta il conforto e l’uscita.

Nicola Davies, Rebecca Cobb, Il giorno che venne la guerra. Il giorno che venne la guerra la bambina perde tutto e si trova da sola in un viaggio lungo e doloroso che lascia alle sue spalle il suo piccolo mondo sereno, la casa, la scuola, definitivamente perduto. La bambina, una bambina senza nome, una bambina come tanti altri bambini, bambini soli – “minori non accompagnati” li definisce la terminologia burocratica – arriva in un villaggio di baracche e scopre che la guerra è arrivata anche lì, che ha preso il cuore delle persone che le voltano le spalle, la guardano con sospetto.

Ana Juan, Anna dei Miracoli. La cura delle pagine dell’albo, nei loro aspetti contenutistici sia verbali che figurativi, la scelta di sottrarre quanto più possibile l’immediata visibilità al font, tutto porge al lettore percorsi narrativi rinnovati. I toni scuri, smorti, ripetuti e poco differenziati tra loro, decantano il racconto nella raffinata allusività delle immagini all’inquietudine di Helen, Helen Keller, che intuisce, senza comprendere, un mondo al di là delle sue possibilità di percezione, un mondo al quale non sa dare significato oltre la soddisfazione dei suoi bisogni di accudimento e contro il quale riversa la sua incontenibile ribellione. Un mondo di cui non può sognare.

Leo Lionni, Piccolo blu e piccolo giallo è un albo storico della letteratura per l’infanzia, un’opera che si potrebbe definire geniale nella sua semplicità. Affetto, gioco, cambiamenti e comprensione sono le coordinate di questo delicatissimo racconto che si avvale dell’immediatezza espressiva delle immagini accompagnate da un testo coinvolgente legato al vissuto di bambini e bambine.

Cristina Polli

“Jugendliteratur brisant”: i libri recensiti nella terza stagione (2021-2022)

Acquerello di Luigi Simonetta

“Jugendliteratur brisant”: i libri recensiti nella terza stagione (2021-2022)

Gemma Costa, Fiamma Nato da un’esperienza di volontariato con le ragazze e i ragazzi ricoverati presso il reparto di neuropsichiatria infantile all’Ospedale Bambin Gesù di Roma, Fiamma è un racconto in venti brevi capitoli resi dalla prospettiva di colei che dà il nome all’opera, Fiamma, una ragazza dagli occhiali appannati e dai maglioni coloratissimi. Nei suoi viaggi dalla Terra alla Luna e ritorno – dove Terra è la casa, la Luna l’ospedale, un luogo che Fiamma percepisce spesso come la dimora più vicina all’essenza della propria dimora – gli incontri hanno nomi, colori e sembianze dall’espressività intensa.

Patrizia Rinaldi e Nadia Terranova, Caro diario, ti scrivo… –  «Patrizia, ho un’idea: diventiamo in un diario immaginato le autrici che amiamo». Caro diario ti scrivo… nasce da un’idea di Nadia Terranova, che ne scrive all’amica Patrizia Rinaldi. Idee, mondi di parole, amicizia e amore per i libri e per le storie. Nasce così un romanzo particolare, composto e animato da pagine di diario. Sono le pagine dei diari di Matilde Serao, Beatrix Potter, Anna Maria Ortese, Emily Dickinson, Silvina Ocampo, Jane Austen, evocate dalla penna di Patrizia Rinaldi (per Matilde, Anna Maria, Silvina) e di Nadia Terranova (per Beatrix, Emily, Jane) come se fossero state scritte all’età di dodici anni dalle autrici amate, conosciute e ri-conosciute attraverso i libri su di loro e, soprattutto, attraverso i loro libri, giunti come dono di conoscenza, esplorazione e immaginazione a illuminare, da molteplici prospettive, giornate, itinerari, svolte dell’esistenza e della consapevolezza.

Michele Serra, Osso. Anche i cani sognano – Nominare il mondo, dare il nome a ogni abitante del mondo, è uno dei fili conduttori diOsso. Anche i cani sognano, testo di Michele Serra, illustrazioni di Alessandro Sanna.  Tra i protagonisti di Osso c’è un vecchio,  reduce da una «malattia che ha colpito l’umanità», che è andato a vivere ai margini della città, davanti a un bosco. La sua è dunque una posizione ‘di frontiera’. Vive in solitudine, fatta eccezione per le visite della nipotina Lucilla. Un giorno, il vecchio si imbatte in un cane dalla magrezza spettrale, il ritratto dell’essenza della fame e della privazione. Una solitudine, un abbandono, che esercitano un’attrazione, un richiamo fortissimo a riflettere su di sé e sulle proprie scelte, un invito all’aiuto e al soccorso.

Nadia Terranova, Omero è stato qui – Delle storia narrate in Omero è stato qui,  Nadia Terranova afferma che le sono state raccontate fin da quando era bambina, che ne esistono diverse versioni e che quelle da lei scelte per questo libro sono compagne delle versioni che l’autrice si è andata narrando nel corso degli anni. Sono storie che sono cresciute insieme a lei e che si sono propagate come un canto che risale dal profondo, per accordarsi, poi, con altre voci, altri canti, prossimi e distanti nel tempo e nello spazio. La costante è nel «qui», il «quartiere» di Nadia Terranova, composto da Messina, la città natale dell’autrice, dalla sua «dirimpettaia» Reggio Calabria e dall’acqua dello Stretto che le separa e le collega.

Sara Dellabella, St. Louis. Il coraggio di un capitano – Le tavole di Alessio Lo Manto, su testi di Sara Dellabella, raccontano un episodio poco conosciuto nella storia delle persecuzioni naziste: la vicenda del transatlantico St. Louis, partito dal porto di Amburgo, alla volta di Cuba, il 13 maggio 1939. La stragrande maggioranza dei passeggeri era costituita da ebrei in fuga dalla Germania; in 937 cercarono di raggiungere Cuba, ma si scontrarono contro ripetuti rifiuti e respingimenti. Il capitano Gustav Schröder dimostrò invece concreto coraggio nell’opporsi a un ritorno immediato della nave in Germania, assumendosi responsabilità e adoperandosi per garantire riparo e protezione per i profughi. Una storia di ieri che ricorda e che fa riflettere su errori e orrori di oggi.

Stefano Benni, Margherita Dolcevita – Ci sono romanzi la cui forza espressiva sa oltrepassare mode e manie, ci sono libri la cui attualità colpisce e avvince con l’energia profetica di chi sa calarsi nelle profondità più buie e innalzarsi ad altezze vertiginose e rivelatrici di ogni minuta realtà sottostante. Uno di questi prodigi è Margherita Dolcevita di Stefano Benni, la cui prima pubblicazione risale al 2005. Margherita, quattordicenne, quasi quindicenne, rotondetta con i riccioli e uno sguardo formidabile che unisce umorismo, autoironia, curiosità e attenzione, vive con la sua famiglia in una casa situata tra la città e la campagna. L’arrivo di nuovi vicini di casa porterà novità straordinarie, strabilianti e inquietanti. Che cosa succederà a Margherita e al suo mondo? Saprà cogliere i segnali e i presagi rafforzati dalle apparizioni della «bambina di polvere»?Continua a leggere ““Jugendliteratur brisant”: i libri recensiti nella terza stagione (2021-2022)”

Tempo per leggere #33: Leo Lionni, piccolo blu e piccolo giallo

Tempo per leggere #33: piccolo blu e piccolo giallo, testo e illustrazioni di Leo Lionni, Babalibri, diciannovesima edizione giugno 2020

Piccolo blu e piccolo giallo è un albo storico della letteratura per l’infanzia, un’opera che si potrebbe definire geniale nella sua semplicità. In estrema sintesi narra la vicenda di due macchie di colore, non a caso due colori primari, che si mescolano dando luogo a un nuovo colore dal quale non traspaiono i colori originari. La soluzione inizierà nel momento in cui le due macchie del colore ottenuto si scioglieranno disgregandosi nei frammenti dei propri colori originari che si spargeranno occupando uno spazio più esteso prima di essere ricomposte come macchie distinte, nuovamente separate, e contrassegnate dal proprio colore primario.
Ho voluto raccontare la storia in modo così scarno e oggettivo per mostrare la sua insita qualità poetica, la vitalità fondante di enti e avvenimenti che si rispecchiano in declinazioni e ripetizioni del vissuto di ciascuno e si rifrangono nelle conoscenze e nelle coscienze. Metafore, anafore, similitudini, non sono solo le operazioni compiute dal lettore nel percorrere la storia e ricondurla a sé,  ma sono parte del modo in cui la storia si configura nella sequenza narrativa delle illustrazioni. In questo albo, infatti, sono le illustrazioni ad avere un ruolo predominante: l’albo parla attraverso la grammatica visiva giocando con i rapporti tra colori, forme, linee, posizioni, dimensioni e collocazioni nello spazio per dar luogo a interpretazioni e elaborare significati. Poiché le illustrazioni sono per la gran parte immediatamente comprensibili, l’albo è tra le letture preferite di bambini molto piccoli attratti dai colori vivaci e forse anche dalla feconda imperfezione della tecnica del collage a strappo.
Ma il bambino ha bisogno di udire la voce che lo rassicura e gli consente di immergersi nella storia riconoscendosi nei personaggi e rivivendo emozioni e stati d’animo in scenari che diventano altri punti di riferimento per la sua crescita: l’ansia di non trovare l’amico del cuore, la gioia di riabbracciarsi e affrontare l’avventura del gioco fino alla stanchezza che fa desiderare il ritorno nella quiete della casa; ha bisogno di sentire il conforto nell’insorgere della tristezza che arriva inevitabile quando non si viene riconosciuti e si viene addirittura rifiutati perché sono scomparsi i segni dell’appartenenza. Nelle parole che ci offre Lionni è tracciata l’impronta della cura, della relazione che si realizza come dono per promuovere il benessere del bambino. Il testo è semplice e richiama l’esperienza quotidiana di relazioni, dialoghi e desideri, l’immedesimazione è immediata.
La lettura, quindi, può travalicare gli usi consueti dell’albo, la mera riduzione a spunto per laboratori sul colore o sulla multiculturalità, o sull’accoglienza del diverso. La lettura può diventare plurale, rinnovarsi ogni volta e generare una molteplicità di visioni e interpretazioni che approfondiscono il dialogo con il testo e aprono nuovi orizzonti interiori di riflessione sui luoghi, i modi, i tempi, le realtà che ci connotano. È parte della letteratura suscitare interrogativi sul nucleo profondo che ci costituisce, favorire l’accesso alla cultura  e la familiarizzazione con l’altro, è nostra scelta accettare e coltivare la permeabilità, far proprie posizioni decentrate, passare dalla richiesta etica di atteggiamenti di confronto all’attitudine che ci porta a vivere i valori nel rispetto e nel riconoscimento costanti, interiorizzare ed esprimere il pensiero critico.

Cristina Polli

 

Artista di fama mondiale, Leo Lionni è stato designer, grafico, art director, pittore, scultore, incisore, illustratore e autore di indimenticabili albi illustrati che continuano a incantare bambini e adulti.
Per conoscere Leo Lionni si può leggere https://www.milkbook.it/leo-lionni e si può consultare https://it.wikipedia.org/wiki/Leo_Lionni

 

Jugendliteratur brisant #33: Guus Kuijer, Il libro di tutte le cose

Jugendliteratur brisant #33: Guus Kuijer, Il libro di tutte le cose. Traduzione di Dafna Sara Fiano, Salani Editore 2009

Nell’introduzione al romanzo, l’autore, Guus Kuijer, racconta che è stato il narratore della vicenda, risalente al 1951, ad andare a trovarlo un giorno per fargli leggere il proprio «libro di tutte le cose».
Lo avverte: si tratta di una storia irriverente, perché è stata scritta da una persona che ha avuto un’infanzia infelice. Thomas confessa a Guus di avere avuto un’infanzia tutt’altro che spensierata. Quello che non gli è comunque mai mancato, precisa, è la fantasia, la capacità visionaria e una buona dose di umorismo. Sono tutte doti, queste, che emergono dalla lettura del breve e avvincente romanzo Il libro di tutte le cose (titolo in neerlandese, lingua dell’originale, Het boek van alle dingen), che Guus Kuijer ha pubblicato nel 2004 e che la casa editrice Salani ha pubblicato, nella traduzione di Dafna Sara Fiano, nel 2009.
Da grande, Thomas vuole diventare felice, ma all’età di dieci anni è un bambino infelice. Una delle cause dell’infelicità di Thomas è senz’altro la rigida severità di un padre il cui fanatismo religioso – pratiche devozionali alle quali obbliga tutta la famiglia si uniscono alle innumerevoli soffocanti prescrizioni e proibizioni – si accompagna alla violenza nei confronti di moglie e figli, consumata tra le pareti domestiche. È una violenza che il padre chiama «giusta correzione» e di cui ipocritamente si vergogna, senza mai, tuttavia, metterla in discussione.
Un incontro del dolce e gentile Thomas con una «strega» benevola e straordinariamente creativa, la signora Van Amersfoort, un’anziana e arguta vicina di casa, vedova di un uomo fucilato dai soldati tedeschi durante la seconda guerra mondiale, perché appartenente alla Resistenza, dà l’avvio a una serie di memorabili avventure, in seguito alle quali le cose subiranno una svolta significativa. Nessuno sarà la più lo stesso e molti avranno imparato che opporsi alle ingiustizie è una via che si può percorrere. In questo, oltre a Thomas, sono tante figure femminili a mostrare la possibilità di questo cammino: oltre alla signora Van Amersfoort, che dal dolore ha portato con sé la sapienza e non la vendetta, la madre e la sorella di Thomas, Margot, Eliza dalla gamba di cuoio, l’amica di Margot di cui Thomas è innamorato, la zia Pie, la moglie del fratello del padre (ipocrita e violento come lui).
La violenza in molti suoi aspetti, il silenzio complice, la vendetta cieca: questi argomenti scottanti, dolorosi e spesso considerati troppo duri per un pubblico molto giovane di lettrici e di lettori, sono affrontati con la vivacità di un’intelligenza che acuisce lo sguardo, e che dall’arte di narrare storie trae le energie per un cambiamento di prospettiva: mentre il padre di Thomas ha coperto la propria paura con uno strato spesso e greve di violenza, ammantandola con una coperta fitta di menzogne fatte passare per religiosità e rettitudine, chi ha incontrato la propria paura e la ha affrontata, ha iniziato un percorso di liberazione, nel rispetto e nell’amore per sé e per gli altri.
Le storie, quelle che si leggono, quelle che si narrano, possono illuminare la via lungo il percorso? Il libro di tutte le cose di Guus Kujer è una splendida risposta affermativa a questa domanda.

Anna Maria Curci

Continua a leggere “Jugendliteratur brisant #33: Guus Kuijer, Il libro di tutte le cose”

Tempo per leggere #32: Ana Juan, Anna dei Miracoli

Tempo per leggere #32: Anna dei Miracoli, testo e illustrazioni di Ana Juan, traduzione di Valentina Vignoli, Logos Edizioni 2019.

Farfalle nere coprono occhi e orecchie di una bambina di cui indoviniamo l’espressione irata e inquieta, la ricerca senza direzione nella piega ostinata delle piccole labbra; le guance paffute, che le assecondano, sembrano rivelare un rifiuto, quasi fosse lei stessa un insetto chiuso in un bozzolo buio circondato da un mondo incolore e privo di forma. Così si presenta la copertina di Anna dei Miracoli, albo scritto e illustrato da Ana Juan per Logos Edizioni.
Il contenuto è una storia nota ai più: la biografia di Helen Keller. La piccola Helen nasce in Alabama nel 1880.  Prima dei due anni d’età, viene colpita da una malattia che la rende cieca e sorda. Cresce isolata dal mondo, protetta e viziata dai genitori, fino a quando la madre, tramite le American Notes di Charles Dickens, diario del viaggio in Nord America del notissimo scrittore britannico, non viene a conoscenza della vicenda di Laura Bridgman che, cieca e sorda, aveva ottenuto un notevole grado di istruzione in lingua inglese. La signora Keller contatta la scuola frequentata da Laura Bridgman, il Perkins Institute for the Blind, il quale invia Anne Sullivan presso la tenuta dei Keller.
La cura delle pagine dell’albo, nei loro aspetti contenutistici sia verbali che figurativi, la scelta di sottrarre quanto più possibile l’immediata visibilità al font, tutto porge al lettore percorsi narrativi rinnovati. I toni scuri, smorti, ripetuti e poco differenziati tra loro, decantano il racconto nella raffinata allusività delle immagini all’inquietudine di Helen che intuisce, senza comprendere, un mondo al di là delle sue possibilità di percezione, un mondo al quale non sa dare significato oltre la soddisfazione dei suoi bisogni di accudimento e contro il quale riversa la sua incontenibile ribellione. Un mondo di cui non può sognare.
L’arrivo di Anne è narrato dalla stessa Helen, come tutto il racconto che si svolge nella forma di una autobiografia fittizia:

Lasciò cadere le sue valigie cariche di sofferenza sul pavimento della veranda per avvertirmi della sua presenza. Era arrivata per non lasciarmi mai più. Era, come appresi in seguito dalle fiabe, la mia fata madrina.

L’illustrazione gioca con la natura concreta e fiabesca di questa maestra fuori dal comune, ce la rivela nella sua debolezza fisica e nell’intima sofferenza che la imbozzola più di quanto non facciano gli occhiali scuri a protezione degli occhi provati dal tracoma. Ma Anne Sullivan è un essere dotato di capacità straordinarie riassunte nell’incongruo librarsi della sua figura sulle assi della veranda. L’immagine calibra dolore e determinazione, riunisce passato e futuro nel movimento del vento che da dietro le spalle la sospinge verso il compito che le è stato affidato.Continua a leggere “Tempo per leggere #32: Ana Juan, Anna dei Miracoli”

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: