E non mi fermo #10: nanita, Nanuk e il ragno Alvaro. Illustrato da Sara Stradi, Nausicaa Edizioni 2020. Recensione di Alba Gnazi
Prende avvio da una delle paure più forti dell’infanzia (e non solo), questo racconto di nanita (Valentina Meloni) illustrato da Sara Stradi (Nausicaa Edizioni, 2020), ovvero quella del buio, che per Nanuk, il piccolo protagonista del libro, si spalanca nel momento in cui la luce va via insieme alla buonanotte della mamma e i contorni degli oggetti si dileguano.
Da quel nerissimo buio sembrano emergere creature abnormi e forme distorte che, alla percezione esasperata del bambino (in cui facilmente si possono riconoscere i piccoli lettori e le piccole lettrici), appaiono fitte di minacce, di propositi terribili: col letto quale unica zattera nel maremoto, rilassarsi e dormire è impresa impossibile.
Questo notte dopo notte, finché proprio dal buio spunta un imprevisto, formidabile aiuto a contenere le ansie che muovono gli spettri e scoprono le solitudini innominabili che ogni notte si affastellano tra parete e cuscino, gravi sul cuore che batte impazzito, e ha la forma nota di un piccolo ragno – e viene da chiedersi, a storia terminata, se ogni piccolo aracnide appollaiato tra le pareti e i soffitti di casa non sia in realtà un salvatore della notte, lì infilato nell’andito più nero, a sterminare insetti e terrori col favore delle tenebre. – Nanuk lo chiama Alvaro, sotto la sua tela può dormire finalmente sonni tranquilli.
Si rincorrono gli elementi delle fiabe antiche, come indagate da Propp, Grimm e altri nel racconto di nanita: la situazione problematica, il rito apotropaico ripetuto più e più volte che aiuta a scioglierla; la narrazione astorica, resa in spazi privi di riferimenti geografici determinati, che immette gli eventi narrati in ogni possibile qui e ora; un piccolo eroe che ogni sera combatte contro mostri invisibili; e ancora la mamma/fata, l’aiutante magico, l’espediente necessario e infine la vittoria, data dal superamento delle paure, dal ritorno a una quotidianità senza ombre, alla realtà della vita di sempre che accoglie, prima dell’addormentamento e dopo il risveglio, che si può toccare e vedere: che ridefinisce confini, racchiude certezze, rassicura.
Lo stesso animale totemico qui presente, il ragno, rimanda a un archetipo dell’esistenza stessa in quanto tessitore di trame e intrichi, ipnotico e antico, paziente nell’attesa e feroce nell’abbrancare le prede – che nel racconto sono i sogni e le paure di Nanuk. Al pari dell’animale totemico è il nome Nanuk, con le nasali e la velare accostati per una resa gutturale, protostorica, archetipica – mi sono sovvenuti, leggendo, le sonorità dei nomi con cui si chiamavano tra loro i Cro-Magnon nella saga dei Figli della Terra di J.M. Auel -, che si può intendere come un neutro, né maschile né femminile, ma anche sia maschile che femminile, proprio come le ansie e i terrori (spesso senza nome) che infettano i bambini e le bambine.
Figure e avvenimenti vengono articolati con sapienza a investigare i timori più ancestri che nell’oscurità trovano la loro sede naturale: al lettore adulto non sfuggirà il rinvio ad altri timori, ad altre ansie, alcune così vaste e fuori dal tempo che hanno da sempre un’attenzione speciale e diffusa da parte di autori e studiosi.
Così, mentre Nanuk riceve protezione dalla tela intessuta da Alvaro, ogni sera diversa come i sogni e le aspettative di cui la notte è densa, le sue paure rimpiccioliscono, gli incubi terminano nelle trame collose dei mandala intessuti sulla sua testa e il sopore finalmente arriva, caldo di sollievo, di luci colorate.
Le bellissime illustrazioni corredano, ampliano e mostrano con efficacia i diversi passaggi della narrazione, fino a costituire un percorso a sé stante, una storia dentro la storia demandata all’osservazione, all’intuizione, all’anticipazione – tutti fattori fondamentali, scatenanti per la fantasia -, caratteristica che, tra le altre cose, si rivela particolarmente avvincente per i più piccoli non ancora in grado di immergersi da sé nella lettura del testo.
Un ulteriore, gradevole arricchimento è dato, nella seconda sezione del libro, da una serie di tavole chiamate Giocolibro, numerate da 1 a 6, in cui è richiesta l’azione dei piccoli lettori e lettrici: un vero e proprio libro di attività artistiche e didattiche, che amplieranno la permanenza nella fiaba, la sua completa elaborazione.
Il font scelto per le pagine e la colorazione dei caratteri, come spiegato dalle stesse autrici, consentono un’alta leggibilità della storia, ottimale sia per i neolettori che per i lettori più “navigati”, inclusi coloro che presentano disturbi specifici di apprendimento.
Nota di colore: a casa nostra i ragni si chiamano da sempre Martino. Dal giorno in cui lo abbiamo scoperto, c’è anche un Alvaro insieme a noi.
©Alba Gnazi
L’ha ripubblicato su nanitae ha commentato:
La recensione di Alba Gnazi a Nanuk e il ragno Alvaro per Sempre giovane è la conoscenza, buona lettura
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