Tempo per leggere #37: Salvatore Vitellino, Un anno da nabbo

Tempo per leggere #37: Salvatore Vitellino, Un anno da nabbo, Giunti, 2022

Sta per iniziare la quinta e Tomà non è molto felice di tornare a scuola, soprattutto di rivedere alcuni compagni da cui si sente spesso deriso, o di avere nuovamente la conferma che ormai Alex, l’amico di un tempo, preferisce altre compagnie. La maestra Serena presenta agli alunni una nuova compagna, Elena, una bambina che viene dalla capitale. Gli sguardi di Elena e Tomà si erano incrociati per un attimo nel caos della “Notte delle lanterne”, un’iniziativa alla quale Tomà aveva partecipato con la madre, lo zio e Anna, una cugina più piccola. I movimenti imprevedibili della grande folla che si era radunata avevano reso Tomà molto inquieto. L’incontro fugace degli sguardi, vissuto come una piccola oasi di serenità, gli torna in mente nel momento in cui rivede Elena in classe.
Un anno da nabbo si potrebbe definire un romanzo di sguardo e di formazione nel quale la voce narrante filtra le vicende attraverso il punto di vista del protagonista mentre i personaggi che lo circondano non sempre confermano il ruolo che sembra loro assegnato, come accade, del resto, nella recita che la classe sta preparando per la fine dell’anno scolastico, Ulisse va alle medie, il cui significato sarà svelato dalla maestra Serena il giorno della rappresentazione.

E poi, vide la sua scuola.
Gli faceva uno strano effetto vederla a settembre. Era affascinato da come i luoghi possono suscitare emozioni diverse in base al momento. Lo stesso edificio, d’estate, gli dava un senso di tristezza e abbandono. Quando c’erano i colloqui con i genitori, nei corridoi si divertiva con i compagni a scoprire giochini sui cellulari che gli adulti davano ai figli per tenerli tranquilli. Adesso, invece, quel parallelepipedo gli metteva paura, gli sembrava minaccioso per quello che l’aspettava.
Salendo le scale guardò il grande cortile quadrato, il grande albero davanti al quale avevano fatto l’appello per formare la classe il primo giorno della prima, pensò alla sua mano che non mollava quella della mamma, alla trepidazione dei compagni della materna che speravano di finire in classe con i migliori amici, e alla gioia nello scoprire che sarebbero stati assieme, lui e Alex. (p. 15)

Tomà trascorre i pomeriggi giocando a Fortnite, ma dispone di pochi mezzi e si deve accontentare del PC della madre e così spesso il gioco è troppo lento, le sue reazioni non sono efficaci, viene colpito e muore. Nonna Pro cerca di smuoverlo dalla rabbia e dalla delusione e gli chiede di accompagnarla a comprare le sigarette. Tomà sa che è una scusa, ogni volta infatti passano per il parco allungando il percorso e il tragitto diventa occasione per conoscere nuovi particolari della vita del padre che ha perso da piccolo e del quale teme di perdere la memoria. Ma il parco è anche luogo d’incontro con quattro giovani appassionati di calisthenics ai quali la nonna lo affida perché gli insegnino alcuni esercizi ginnici. I quattro, un gruppo eterogeneo per provenienza e modi di affrontare le cose, rivaleggiano scherzosamente tra loro impegnandosi a mostrare al ragazzino i modi migliori per fare gli esercizi agli anelli o alle parallele e Tomà si sente completamente a suo agio con loro. Di contro le gare di corsa non vanno affatto bene, ha sempre la percezione di non farcela, fallisce prima di tutto nella mente gli 80 metri che deve affrontare come velocista.
La vita di Tomà si svolge in modo abitudinario: trascorre i pomeriggi da solo perché soffre di un forte senso di inferiorità nei confronti dei compagni più ricchi, compagni che viaggiano, fanno esperienze, hanno i dispositivi più aggiornati e a volte approfittano del suo desiderio di essere apprezzato per bullizzarlo e farne la vittima dei loro tiri meschini. Tomà ama riflettere, ama dedicarsi ai Pensieri Importanti, pensieri che non hanno un obiettivo pratico, ma sono il tentativo di formulare a parole ciò che gli accade, di capire come vanno o possono andare le cose. I Pensieri Importanti portano spesso Tomà a esprimere i suoi dubbi alla madre e la madre cerca di ampliare il suo orizzonte di riferimento raccontandogli non fiabe o favole, ma storie di persone vere, protagonisti silenziosi di eroismi quotidiani come la storia di Jyoti Kumari, una ragazza indiana che riporta a casa il padre malato percorrendo in bicicletta 1200 chilometri. Un altro punto di vista gli viene offerto anche da Elena che un giorno lo sorprende invitandosi a casa sua per giocare insieme nel pomeriggio. Elena ha uno sguardo completamente diverso su Fortnite, si entusiasma per ciò che vede, gli fa notare particolari che gli erano sfuggiti, gli propone un modo nuovo di vivere il gioco. Con Elena Tomà si diverte a giocare a Just dance e non si vergogna della sua rigidità nel ballo, anzi questa diventa l’elemento buffo che li fa divertire. Se Elena offre l’antidoto al pensiero distruttivo, i fiori della signora Eloisa, l’anziana fioraia alla quale la madre si rivolge per avere consigli sulle orchidee, diventano per Tomà l’incarnazione di metafore che gli rendono più chiara l’inevitabilità delle scelte e gli consentono di vivere un momento di profonda e felice fragilità con la mamma nel ricordo del padre.
La strada per conoscersi e accettarsi è complessa e Tomà deve affrontare ancora molti ostacoli, ma una cosa lo aiuta: la consapevolezza crescente di avere intorno persone che gli vogliono bene e di doversi impegnare in prima persona.
Ritengo che Un anno da nabbo sia un romanzo che vale la pena leggere, l’analisi dei sentimenti è profonda e gli insegnamenti sono trasparenti, tanto che a volte l’autore corre il rischio di scivolare nel moralismo, ma è un rischio che gli possiamo perdonare perché accompagna con delicatezza le paure e le scoperte di Tomà. Inoltre il lessico è ben calibrato perché sia vario e compreso agilmente, mentre la fluidità della narrazione offre spesso spunti per un arricchimento delle conoscenze. Mi lasciano perplessa, invece, le ultime pagine Il finale dopo la fine, mi sono sembrate, se pur gradevoli e foriere di nuove prospettive, non necessarie.

Cristina Polli

 

Salvatore Vitellino lavora nell’editoria da oltre vent’anni. Come autore si occupa principalmente di biografie di personaggi che hanno affrontato imprese particolari o scoperte scientifiche rivoluzionarie. Per Smemoranda si è occupato del tema del bullismo. Un anno da Nabbo è il suo esordio nella letteratura per ragazzi.
Fonte: https://www.giunti.it/autori/salvatore-vitellino-15914

Lascia un commento

Progetta un sito come questo con WordPress.com
Comincia ora